FIRENZE E LA FESTA DI SAN GIOVANNI
Se vi proponessimo due parole: Firenze e San Giovanni, a cosa pensate? Molti certamente alla festa che si celebra ogni 24 giugno nel giorno proprio di San Giovanni Battista, riconosciuto come uno dei Santi Patroni della Città, con parata storica e fuochi d’artificio. In pochi forse conosceranno però la vera storia della festa e dello stesso San Giovanni, nato secondo le scritture il 24 giugno, sei mesi prima di Cristo, da Zaccaria ed Elisabetta a cui tale nascita miracolosa era stata annunciata dallo stesso Arcangelo Gabriele che fece l’annuncio anche a Maria. Giovanni è considerato “l’ultimo dei profeti” ed è venerato da tutte le Chiese cristiane come una delle personalità più importanti dei Vangeli e della religione cristiana e per essere colui che ha impartito il Battesimo nelle acque del fiume Giordano a Gesù. Nella storia dell’arte è una delle figure a cui più si rende omaggio e le effigi che lo rappresentano sono davvero numerose e importanti. Esso fu riconosciuto patrono di Firenze durante il periodo di dominazione longobarda, dal VI all’VIII secolo circa.
Iniziamo il nostro itinerario dall’edificio più importante legato al suo nome, il Battistero di S.Giovanni, – che si trova nella omonima piazza – ovvero il luogo dove si amministrava il sacramento del Battesimo.
Partendo dall’esterno dell’edificio, troviamo nel lato sud il primo portale realizzato tra il 1330 e il 1336 da Andrea da Pontedera, detto anche Andrea Pisano (trattasi di una copia poiché l’originale si trova all’interno del Museo dell’Opera del Duomo): il battente di sinistra descrive la vita di Giovanni Battista, mentre in quello di destra si narrano i fatti che riguardano la sua morte, dalla sua predica ad Erode fino alla sua sepoltura. Sempre all’esterno erano collocati – oggi gli originali sono al Museo dell’Opera del Duomo – i gruppi scultorei di Giovan Francesco Rustici, Vincenzo Danti, Andrea Sansovino e Vincenzo Spinazzi che raccontano la predica di Giovanni Battista ad un levita ed un fariseo, la decollazione di Giovanni Battista e il Battesimo di Cristo con l’Angelo aggiunto in epoca più tarda. Entrando nel Battistero, nella scarsella che si trova nel lato ovest dell’edificio, si può ammirare un bellissimo mosaico di Jacopo da Torrita dove al centro si trova Cristo rappresentato come l’Agnello di Dio – così come lo appellava il Battista – e sulla sinistra un inedito Giovanni Battista in maestà che fronteggia la Madonna in posizione speculare. La vita di Giovanni Battista viene descritta anche nell’ultimo girone del mosaico della cupola: la parte che riguarda le sue storie fu realizzata da maestranze veneziane molto probabilmente su disegno di Cimabue, almeno per quello che riguarda le prime scene.
Molte le personalità illustri che qui sono state battezzate: Dante – che descrive il Battistero come “il mio Bel Sangiovanni”, ma anche Amerigo Vespucci e la cosiddetta “Gioconda”. A suo tempo il rito del battesimo si svolgeva una volta l’anno e le persone venivano completamente immerse nella vasca che si trovava al centro dell’edificio, tuttavia la vasca di cui ci parla Dante nei suoi scritti venne smontata e sostituita con un fonte battesimale molto più piccolo, realizzato nel 1577 da Bernardo Buontalenti per ordine di Francesco I de’ Medici perché aveva bisogno di spazio per il sontuoso Battesimo dell’erede al trono Filippo.
Tappa obbligata dopo aver visitato il Battistero, è il Museo dell’Opera del Duomo, che si trova nell’omonima piazza nella parte retrostante l’abside della Cattedrale, dove tra tante meraviglie vi è una sala che ospita il tesoro di San Giovanni ovvero un paliotto d’altare che pesa più di 400 chilogrammi e per terminare il quale occorsero centoventi anni. Si tratta di un’opera che illustra nel dettaglio il passaggio dallo stile tardo gotico a quello rinascimentale e vanta nomi come Andrea del Verrocchio, Antonio del Pollaiolo (titolari delle due botteghe orafe più famose di Firenze), Michelozzo e tanti altri orafi e scultori del Trecento, sicuramente meno famosi ma non certo meno capaci. Nella Sala del Tesoro di San Giovanni trova collocazione anche un’enorme Croce in argento, disegnata da Antonio del Pollaiolo alta quasi due metri che veniva posta sull’altare il 24 giugno e poi doverosamente custodita così come il parato di San Giovanni, ovvero delle vesti sacerdotali pregiatissime che venivano indossate in occasione della festa e i cui cartoni furono realizzati da Antonio del Pollaiolo per poi essere riportate sui paramenti sacri da ricamatori stranieri con un lavoro lungo e molto costoso che si concluse anch’esso dopo più di venti anni.
Lasciando il Museo dell’Opera del Duomo, si procede verso la chiesa di Orsanmichele dove nella prima nicchia su via dei Calzaiuoli – quella più vicina a Piazza della Signoria – si trova la statua di San Giovanni Battista patrono anche dell’arte di Calimala. Quella che vediamo all’esterno é una copia, la statua originale realizzata in bronzo e firmata nel bordo della veste da Lorenzo Ghiberti, si trova nel museo di Orsanmichele situato al piano superiore dell’edificio ma visitabile solo di lunedì. Da qui, proseguiamo fino a Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio, dove a piano terra troviamo il museo di “Firenze com’era” con pannelli decorati dal Pontormo che erano parte del carro della Zecca e avevano come tema episodi della vita del Battista e di Cristo.
Ma torniamo per un attimo alle origini della festa di San Giovanni a Firenze con il quale abbiamo aperto questo articolo: abbiamo scelto di raccontarvi adesso e non prima la storia di questa festa perché è proprio dalla Torre della Zecca – posta sull’omonimo Lungarno oltre il Ponte alle Grazie – che si narra partisse in processione un carro finanziato dalla Zecca stessa chiamato Brindellone, il quale trasportava per un percorso che si concludeva al Battistero, un enorme cero in omaggio al Santo, alcuni bambini legati al carro stesso e un uomo in alto vestito da San Giovanni. Un corteo di gente comune seguiva il carro, e il Patrono veniva omaggiato con ceri colorati e lavorati che venivano accesi al fuoco benedetto a simboleggiare la purificazione che si riceve per mezzo del Battesimo. La storia ci racconta anche che in tale giorno, si organizzassero anche fidanzamenti e matrimoni e per i mercanti fosse un’occasione per mettere in mostra i propri prodotti. Inoltre in città in tale occasione si accendevano fuochi e lumi ad olio che venivano messi alle finestre e lungo le mura, antesignani degli odierni fuochi d’artificio introdotti conseguentemente alla polvere da sparo dal Buontalenti (chiamato anche Bernardino delle Girandole) e raffigurati in un affresco dello Stradano posto in Palazzo Vecchio che ci fa vedere com’erano i fuochi al tempo in cui furono inventati.
Trovandosi qui, è d’obbligo un passaggio anche alla Galleria degli Uffizi, dove si possono ammirare sublimi raffigurazioni di San Giovanni Battista, come il San Giovannino del Tondo Doni di Michelangelo, regalo di Agnolo Doni alla moglie Maddalena Strozzi (sembra proprio in occasione del Battesimo della figlia Maria).
Proseguendo nella sala di Raffaello, troviamo un bellissimo San Giovannino presente nella Madonna del Cardellino e un altrettanto suggestivo San Giovannino nel deserto opera della bottega di Raffaello, mentre nelle nuove sale dedicate alla pittura di Leonardo trova posto il Battesimo di Cristo realizzato da quattro artisti diversi: Verrocchio, Leonardo, Sandro Botticelli e un altro artista della bottega del Verrocchio. Una leggenda narra che lo stesso Verrocchio, constatata la bravura di Leonardo nel realizzare il suo Arcangelo, dopo questo dipinto abbandonasse definitivamente la pittura per dedicarsi esclusivamente alle altre arti.
Il giro in realtà non finisce ancora, ma si allunga fino alla chiesa di Santa Maria Novella, dove un grandioso Domenico Ghirlandaio nella Cappella Tornabuoni realizza, anche con l’aiuto della sua bottega, gli affreschi con le storie di Maria e Giovanni Battista. Vasari ci racconta che tra gli allievi della bottega di Domenico Ghirlandaio che affrescarono queste storie faceva parte anche un giovanissimo Michelangelo Buonarroti.
Terminato l’itinerario, non resta che aspettare che la festa entri nel vivo… magari cercando un posto in prima fila per ammirare i “fochi” odierni, organizzati per la prima volta nel 1923 dalla Società di San Giovanni e dal Comune di Firenze sopra al Piazzale Michelangelo e ancora oggi una insostituibile tradizione, pur se portata avanti con tecniche più moderne. E come chiudere una giornata di festa come San Giovanni a Firenze? Noi proponiamo di farlo con un dolce, dedicato in qualche modo al Santo del giorno: quanti di voi sanno infatti che quel frutto che noi conosciamo più comunemente come ribes si chiama in realtà bacche di San Giovanni? A fornirci una golosa ricetta con questo ingrediente è una foodblogger che a due passi dall’itinerario dedicato a San Giovanni ci vive: Elisabetta Cuturello, autrice del blog CakesandCo. La ricetta è quella della Torta di Ricotta e Ribes Rosso
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